In vite con i bimotori leggeri.









Di Leonardo Pavese. (Traduzione e rielaborazione di un articolo di Robert T. Smith.)


Il seguente articolo era apparso sulla rivista statunitense Air Progress, nel dicembre del 1993; ma probabilmente si trattava di una ristampa di un pezzo antecedente. L' autore, Robert T. Smith, era noto negli Stati Uniti d' America  per i suoi manuali di volo acrobatico. Ma, Robert T. Smith, era anche il nome di un membro del Corpo Volontario Americano, lo AVG, le famose "Tigri Volanti": il gruppo da caccia statunitense che combattè in Cina, agli inizi del secondo conflitto mondiale. Non sono riuscito ad appurare se si tratti della stessa persona. Però, il modo in cui l'autore dell'articolo ha affrontato il problema della vite su plurimotori, mi è sembrato interessante; per l' enfasi che lui pone sulla tecnica di rimessa dalla vite. È l' approccio di un aviatore abituato a interagire con la macchina in situazioni inusuali. Non mi meraviglierebbe se fosse stato proprio l'asso delle "Tigri Volanti" ad averlo scritto. In ogni caso, dubito che riuscireste a trovare un pezzo di tecnica aviatoria come questo su un manuale di pilotaggio civile odierno. Se vi interessa, e se state facendo la transizione dal monomotore al plurimotore, ho pubblicato anche una traduzione della prima parte di un articolo introduttivo al pilotaggio dei bimotori, basta "cliccare". Buon divertimento, i vostri commenti saranno, come al solito, molto graditi.





                   Nel disegno di L. Pavese un bel bimotore d'altri tempi: 
un Douglas B18 del 1935. Ali, impennaggi e motori del DC 2. Però...




Attenzione alle viti!



Lo sanno tutti che i bimotori sono più sicuri, no? Quel motore in più, quell' extra di sicurezza e tutto il resto. Ma sono afflitti da una sorta di tallone d' Achille: le loro orride caratteristiche d' avvitamento. Di solito questo è un pericolo del genere latente; nel senso che durante le normali operazioni nessuno neanche si avvicina a quegli  assetti e a quelle configurazioni che manderebbero un bimotore a ruotare in una vite.
Però c' è un'eccezione: e cioè quando un pilota di monomotori sta passando al plurimotore e deve subirsi tutti quei trucchetti tipici, con relativo taglio di un motore, cari agli istruttori. Il problema è, che con un bimotore leggero, è molto difficile rimettersi da un avvitamento.
Si parla tanto di come un baricentro (o centro di gravità) arretrato, in qualunque aeroplano, possa contribuire "ad appiattire la fisionomia della vite"; ed effettivamente molti bimotori leggeri, caricati col baricentro arretrato, sono rimasti coinvolti in incidenti in vite. Un CG arretrato certamente non aiuta ma, di solito, nelle questioni riguardanti l'avvitamento dei bimotori, si tratta solo di un fattore incidentale.
Con la maggior parte degli aerei moderni è molto difficile entrare in vite; ma una volta indotto l'avvitamento, la rimessa potrebbe essere complicata. Nei bimotori leggeri, impossibile. 






Un Piaggio 136. Secondo Smith,
l'area più grande, davanti al CG,
tipica degli idrovolanti, migliorerebbe le caratteristiche d'avvitamento.







Una vite, in ogni velivolo ad ala fissa, viene indotta stallando l'aereo e facendolo imbardare al momento dello stallo. Nei monomotori, per iniziare l'imbardata si usa il direzionale ma, nei bimotori, è stato appurato che, con un motore spento, la spinta asimmetrica esercitata dall'altro propulsore funzionante ad alto regime produce un'imbardata sufficiente a indurre la vite.
Vari colloqui con istruttori indicano come loro siano soliti tagliare un motore, nel corso di una dimostrazione di stallo con potenza, nel momento in cui l'aereo stalla. Quest'improvvisa perdita di potenza, da un lato, induce un momento di imbardata sufficiente a causare una vite. Se si riesce a fermare l'avvitamento prima della metà, o dei tre quarti del primo giro, spesso la vite può essere controllata. Ma se l'avvitamento supera una rivoluzione completa, la rimessa, nella maggior parte dei casi, è impossibile.
Benché si dia la colpa di quasi tutti i problemi relativi all'avvitamento al baricentro arretrato, probabilmente, un altro fattore, presente nella maggior parte dei bimotori, è il principale colpevole della mancata rimessa: l'alto carico laterale di massa. Ciò significa, semplicemente, che il grosso del peso, in questi aeroplani, (motori, combustibile e a volte persino passeggeri e bagaglio), è situato lungo l'asse laterale: (l'asse che va da una estremità alare all'altra, passando per il CG). Aggiungete i "tip-tanks", i serbatoi di combustibile alle estremità alari e il problema diventa ancora più serio. A vite avviata, questa massa, come Newton ci insegna, tende a preservare il suo moto. In un avvitamento, l'aereo ruota attorno al suo asse verticale, con la fusoliera che si muove lateralmente, rispetto all'aria. Nella rimessa dalla vite, un fattore importante è la resistenza alla imbardata, o il cosidetto "effetto pagaia" della fusoliera, dello stabilizzatore verticale e del direzionale. La maggior parte dei bimotori ha il musetto affusolato e gli impennaggi vicini al CG, (cioè una fusoliera relativamente corta); perciò la capacità di smorzare l'imbardata, durante la vite, è ridotta. Siccome la forza di controllo dell'imbardata è funzione, almeno in parte, della lunghezza del braccio del momento che va dal CG al centro dell'insieme stabilizzatore verticale-direzionale, un baricentro arretrato avrebbe un effetto negativo sulla capacità di smorzamento dell'imbardata e contribuirebbe alle difficoltà di rimessa dalla vite. La parte prodiera, se voluminosa e tozza, potrebbe essere d' aiuto, nel controllo direzionale; come nel caso dei monomotori con motore stellare; ma i bimotori leggeri hanno sezioni frontali appiattite e filanti che poco aiutano. Sul muso dello addestratore militare Cessna T 37 sono state aggiunte delle pinne anti-vite, per incrementare lo smorzamento d'imbardata durante gli avvitamenti. (Questo punto, secondo Leonardo Pavese, è controverso: perché, in teoria, più grande è la differenza fra l'aerea davanti al CG e l'area dietro al CG, più grande è la stabilità direzionale. L'autore dice invece che se l'area davanti al CG è relativamente grande, la superficie smorza la tendenza a imbardare verso l' interno della vite).




Un Cessna T 37. La pinna di cui parla Smith è visibile sopra la scritta.




Un altro fattore, per quanto riguarda le viti sui bimotori, è la maniera nella quale la vite viene indotta. Se essa è causata da un istruttore il quale, improvvisamente, taglia un motore nel corso di una dimostrazione di stallo con potenza, l'improvviso calo della potenza e dell'effetto energizzante dell'elica su un'ala sola, potrebbe, secondo gli ingegneri, innescare degli accoppiamenti di vite che non possono essere contrastati dalla superficie aerodinamica disponibile; indipendentemente da ciò che fa il pilota per prevenire l'avvitamento.
L'unica soluzione che potrei suggerire è di cercare di mettere l'aereo in vite rovescia, (proprio così! Avete capito bene!), mantenendo pedale opposto alla vite e barra tutta a picchiare.
Normalmente, (si fa per dire!), in una vite rovescia, lo stabilizzatore verticale e il direzionale non vengono messi in ombra aerodinamica dalle ali, o dagli impennaggi orizzontali; e potrebbero provvedere allo smorzamento d'imbardata necessario a effettuare il recupero. Ovviamente perderete una quantità di quota mostruosa; e solo un pilota molto abile riuscerebbe a compiere tale manovra.
Purtroppo, nessuno è sopravvissuto a quegli incidenti nei quali si è appurato che un motore era stato intenzionalmente fermato; perciò non sappiamo se il pilota avesse tentato una rimessa, mantenendo controlli anti-vite costanti, (pedaliera opposta alla vite e barra tutta avanti), per un periodo di tempo significativo. Io mi comporterei nel modo seguente: taglierei tutta la potenza e porterei i controlli a fondo corsa, in posizione anti-vite, tenendoceli per almeno sei giri. Dopodiché cercherei, forse, di passare in posizione rovescia e di recuperare invertito.
Un altro intervento efficace, (dipende dall'aereo), potrebbe essere cercare di stabilizzare l'avvitamento, prima di tentare la rimessa. Ciò si ottiene tenendo i controlli in posizione pro-vite, (pedaliera in direzione del senso di rotazione e barra a cabrare), finché la velocità non rallenti, e comunque per circa tre rivoluzioni. A quel punto, si portano i controlli in posizione anti-vite tenendoceli per almeno sei giri. La rimessa si riconosce da un improvviso moto di beccheggio verso il basso. A quel punto, il pilota deve riportare i controlli in posizione neutra, o si ritroverà in vite rovescia. 

     

Il problema con i light twins, i bimotori leggeri, è che mai nessuno li collauda in vite. (Non è richiesto per il rilascio del Certificato di Aeronavigabilità); perciò la tecnica appropriata di rimessa dalla vite è sconosciuta. Ma si possono fare alcune generalizzazioni, che hanno una loro validità e, chissà, forse potrebbero salvare una vita o due:

Primo: lo strumento principale di recupero rimane l'elevatore. Normalmente, l'aereo è inclinato lateralmente nella direzione della vite; per cui la velocità d'avvitamento dipende dall'angolo d'assetto longitudinale. (Passaggio oscuro: cercherò d'interpretarlo e arrivare a una spiegazione, ndt.); ed è proprio quest'angolo di assetto, che deve essere ridotto sotto l'angolo di stallo, (angolo di incidenza critica), per effettuare la rimessa con successo.
Secondo; come abbiamo visto, la capacità di smorzamento d'imbardata, nei bimotori leggeri, è al minimo; perciò il direzionale deve essere portato in posizione opposta alla vite e lì mantenuto!
Terzo: per superare l'inerzia della vite è possibile che si debba mantenere l'elevatore a fondo corsa, con fermezza, (a picchiare!), per un periodo di tempo considerevole, (per esempio anche sei o sette giri di vite), prima di notare un accenno di controtendenza.
Quarto: la rimessa, quando e se arriverà, potrebbe essere così rapida che il pilota avrà il suo da fare, per riportare i controlli in posizione neutra ed evitare una vite rovescia.
Ho parlato con degli istruttori che se la godevano un mondo a tagliare un motore, nel momento esatto in cui l'aereo stalla con potenza. I più mi hanno riferito che l'aereo ruota d'ala, fino alla verticale, o fin quasi a mettersi in volo invertito, prima che possano reagire. Sono convinto che questi personaggi abbiano i giorni contati. Presto o tardi, reagiranno un pochino più lentamente e passeranno il punto di non ritorno.
La soluzione dell'intero problema è molto semplice: non inducete nessuna imbardata al momento dello stallo! Soprattutto: non tagliate un motore, al momento dello stallo con potenza e non fate pratica di stalli con un propulsore solo!!
Se state facendo pratica di stalli con potenza e un motore pianta al momento dello stallo:
riducete immediatamente la potenza del motore buono, (portate indietro le due manette, non c'è tempo d'identificare il motore buono). Se l'aereo non risponde, date tutto alettone e tutto pedale, in direzione opposta  al movimento di rollio o di imbardata. Portate l'elevatore a fondo a picchiare, e mantenete il tutto così per almeno un giro di vite. Se la vite si ferma, usate i controlli in maniera appropriata per tornare in volo livellato.
Se l'aereo non risponde, passate a controlli pro-vite. Ritraete carrello e flaps, se erano stati abbassati. Aspettate quattro giri, perché la vite si stabilizzi, poi portate i  controlli in posizione anti-vite, e manteneteli così per almeno sei giri. La velocità d'avvitamento aumenterà momentaneamente, ma ciò è normale. Al momento della rimessa, il muso potrebbe cadere e la velocità di rotazione potrebbe non diminuire. Portate tutti i controlli in posizione neutra: la vite dovrebbe arrestarsi dopo un mezzo giro o una rivoluzione completa.
Come abbiamo già detto, i bimotori leggeri non sono stati progettati per avvitarsi e non vengono collaudati in vite. Il costruttore e l'Aviazione Civile non vogliono che li collaudiate voi, né accidentalmente né intenzionalmente. Dovreste continuare a far pratica di stalli, (questo non è piu' obbligatorio, almeno negli Stati Uniti, ndt.); ma, ribadisco, non con un motore solo!
E tenete presente che nessun aereo entra in vite, a meno che, prima, non stalli e non venga indotta un'imbardata al momento della perdita di portanza. Se il pilota comprende questo, su ogni aereo moderno la vite potrà essere evitata.


I vostri commenti, come sempre, saranno molto graditi.
Grazie,

L. Pavese

                  
     

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