L' Apocalisse secondo Tolkien
Non era
certamente nelle intenzioni di Tolkien che le sue opere più conosciute somigliassero
alla parte conclusiva dell’Apocalisse di Giovanni, l’ultimo libro del Nuovo
Testamento, né nello stile né per quanto riguarda la loro struttura globale.
Però,
come ci spiega bene il teologo americano Marcelo D'Asero in questo saggio che
ho tradotto, nonostante le intenzioni di Tolkien, le analogie e le coincidenze
fra gli scritti di Tolkien e l’Apocalisse di Giovanni emergono chiaramente per
via dell’insistenza dei testi sulla forza del male e sulla presa che esso
ha sul mondo, sull’imminente battaglia conclusiva fra il bene e il male e sul
conseguente ripristino finale del cosmo.
Spero
che troverete questo articolo interessante. Vi ho anche inserito alcune
illustrazioni eseguite dallo stesso Tolkien, che forse non sono molte note in
Italia. Per esempio, "Wickedness", l'illustrazione sotto al titolo è sua. Matita e matite rosse e nere.
I vostri
commenti, come sempre, saranno molto graditi.
(Un
ringraziamento particolare a Paola Frezza per aver rivisto la traduzione
italiana).
Leonardo
Pavese
L’Apocalisse di J.R.R. di Tolkien
di
Marcelo D’Asero
Lo stile apocalittico di Tolkien
Un
metodo per comprendere il motivo della popolarità de Lo hobbit o de Il signore
degli anelli, opere di letteratura scritte per rifarsi l’una all’altra[1],
consiste nel discernerne la loro “sensibilità profondamente religiosa”.[2]
Fatto ignoto alla maggior parte dei lettori di dette opere, John Ronald Reuel
Tolkien (1892-1973)[3],
meglio noto come J.R.R. Tolkien, era un cattolico devoto, il quale, in almeno
una delle sue lettere ammise che Il signore degli anelli era “un’opera
fondamentalmente religiosa e cattolica”.[4]
Egli
scrisse Il signore degli anelli e Lo hobbit con l’intento di tracciare
simbolicamente, e nella sua generalità, il cammino di crescita spirituale che
ognuno di noi, come individuo, è chiamato da Dio a seguire.[5]
Tolkien
rappresentò la necessaria crescita spirituale dell’individuo come l’interazione
fra il libero arbitrio e la divina provvidenza; che lui nella narrazione de Lo hobbit definisce, in modo
anticonvenzionale, “fortuna”.[6]
Nelle sue popolarissime opere, Tolkien inoltre desidera anche sottolineare
l’importanza della crescita spirituale del personaggio raffigurante il Cristo;
principalmente per mezzo di personaggi come Frodo lo hobbit, Gandalf il mago e
l’essere umano Aragorn, il guerriero. [7]
Vi è
però ne Lo hobbit e ne Il Signore degli anelli un altro livello
di simbolismo che le platee cinematografiche – e, se per quello, anche i
lettori di Tolkien – potrebbero non essere in grado di decifrare
immediatamente. Si tratta di una vaga, ma allo stesso tempo intuibile
corrispondenza fra la narrazione di Tolkien e la parte conclusiva del libro
dell’Apocalisse di Giovanni, del Nuovo Testamento. Vi è cioè una palpabile somiglianza fra il
discorso e lo schema de Lo hobbit e
de Il Signore degli anelli da un lato
e l’epilogo dell’Apocalisse dall’altro.
Detta
somiglianza, almeno per quanto riguarda l’uso
che Tolkien fa di una prosa di stile “apocalittico”, è stata anche
rilevata ne Il Silmarillion: un’opera
di molto precedente, iniziata nel 1917 ma pubblicata solo postuma nel 1977.
Dello stile “apocalittico” de Il
Silmarillion si faceva menzione di sfuggita, e in modo dispregiativo, sulla
rivista statunitense Time, in una
recensione del 24 ottobre 1977; la quale
definiva in modo critico gli scritti di Tolkien come: “una parodia di
Edgar Rice Burroughs, nello stile dell’Apocalisse”.[8]
Non
era certamente nelle intenzioni di Tolkien che le sue opere popolari
somigliassero alla parte conclusiva
dell’Apocalisse di Giovanni, né nello stile né per quanto riguarda la struttura
globale.[9]
Nonostante le sue intenzioni, però, nei
fatti le somiglianze e le coincidenze emergono per via dell’insistenza di entrambi i testi sulla
forza del male e sulla presa che esso ha sul mondo, sull’imminente battaglia
conclusiva fra il bene e il male e sul conseguente ripristino finale del cosmo.
Si
potrebbe sostenere che certe preoccupazioni fanno sì che Lo hobbit e Il signore degli
Anelli siano catalogati come esempi non canonici di letteratura
apocalittica, al pari dell’antico Pastore
di Erma. In ogni caso, si tratterebbe sì di esempi di detta letteratura, ma
del XX secolo. Come tali, essi estendono l’ambito del loro genere letterario,
fino a comprendere tematiche che Tolkien ha sfruttato allo scopo di esporre e
affrontare la realtà spirituale all’opera dietro le apparenze esteriori dei
fatti di cronaca contemporanea.
La narrativa epica di Tolkien.
Tolkien
completò Lo hobbit nel 1936, e lo
pubblicò nel ‘37. Nel 1948 terminò Il
signore degli anelli, inteso come una continuazione del lavoro precedente;
ma lo pubblicò in vari stadi: il Volume I (La Compagnia dell'Anello) e II (Le due torri) furono pubblicati nel
1954; e il Volume III (Il ritorno del re) venne pubblicato nel
1955. [10]
Infine i tre volumi furono pubblicati anche in edizioni economiche americane
nel 1965: l’anno che vide il sorgere della cerchia di seguaci di Tolkien negli
Stati Uniti d’America.
Il signore degli anelli, Lo hobbit e Il Silmarillion introdussero i lettori di Tolkien a una letteratura
mitologica popolata da esseri semi-divini, draghi, elfi, esseri umani, orchi,
troll, goblin, nani e hobbit, i rapporti fra i quali venivano raccontati in una
cronistoria tripartita di 37000 anni.
Questa
storia in tre parti, però, non registrava fatti avvenuti in un mondo
immaginario; ma si proponeva di rappresentare la preistoria mitologica del
mondo europeo e mediterraneo; ovvero quello che Tolkien chiamava la “Terra di
mezzo.”[11]
“Bilbo si svegliò con il sole del mattino negli occhi”.
Illustrazione
di Tolkien per Lo hobbit”. Matita, acquarello, inchiostro nero.
|
Tolkien
aveva reso la storia della Terra di Mezzo talmente vasta che essa iniziava con
la creazione del mondo da parte di un essere onnisciente chiamato Eru, detto
anche l’Uno o Ilúvatar. [12]
Ma, senza smarrirsi nei dettagli storici o tassonòmici, ne Lo hobbit e ne Il Signore
degli anelli Tolkien si era
concentrato con maestria sul compito di strutturare gli eventi della terza
grande era della Terra di Mezzo. [13]
I
fatti di questa terza grande era ruotavano attorno al sinistro riemergere del
già sconfitto malvagio negromante Sauron. Nella seconda grande era, Sauron era
stato il successore della primordiale figura satanica di Tolkien, Melkor. [14]
Con l’aiuto di fabbri elfici, Sauron aveva forgiato diciannove anelli magici,
detti “ Gli anelli del potere”. Essi, come l’anello di Gige di Platone, davano
a chi li indossava la capacità di soddisfare i propri appetiti più vili.[15]
Gli anelli però erano anche fatti per essere controllati da un altro, Unico
Anello, forgiato espressamente per Sauron. Per mezzo di esso, Sauron aveva il
potere di rendere schiave le anime di tutti gli altri portatori di anelli[16],
e perciò dominarli:
Tre
anelli per i re degli Elfi sotto il cielo,
Sette
per i signori dei nani nelle aule di pietra,
Nove
per gli uomini votati alla morte,
Uno
per il Signore tenebroso sul cupo trono
Nella
terra di Mordor dove posano le ombre.
Un
unico anello per reggerli tutti e trovarli
E
adunarli e legarli nel buio,
Nella
terra di Mordor dove posano le ombre.[17]
Nonostante
la potenza dell’Unico Anello però, alla fine della seconda grande era Sauron
era stato sconfitto – ma non completamente spodestato – da un’alleanza
di esseri umani e di elfi.
La
vittoria solamente parziale dell’alleanza era stata la conseguenza della caduta
morale di un mortale, di fronte al fascino dell’Unico Anello. Un condottiero
umano, l’Alto Re Isildur del Regno Unito di Gornor e Arnor, era riuscito a
uccidere Sauron e a tagliare l’Unico Anello dalla mano dello stregone. Però,
egli non aveva distrutto l’anello gettandolo nel fuoco del Monte Fato, nel
quale era stato forgiato in origine. Isildur era invece caduto preda della
tentazione del suo potere, e aveva scelto di tenersi l’Unico Anello. Quando
Isildur lo aveva poi perso nel fiume Anduin, ed era stato lui stesso ucciso in
un’imboscata degli Orchi, aveva reso
il dissolvimento del suo regno inevitabile, e condannato la Terra di Mezzo alla
ricomparsa dello spirito malefico di Sauron, che avrebbe cercato di
rimpossessarsi dell’Unico Anello ed esercitare di nuovo il suo potere.[18]
Lo
spirito malvagio di Sauron era così riapparso, dopo che erano trascorsi mille
anni; ma si era reincarnato solo in un
unico occhio fiammeggiante. In questa sua forma menomata, Sauron aveva ripreso
nuovamente, e con determinazione, a ingrandire il suo dominio sulla Terra di
Mezzo, provocando o fomentando disgrazie terrene, quali le pestilenze e le
guerre; e sguinzagliando le maleficenze sovrannaturali di draghi, troll, orchi,
folletti, dèmoni, ed esseri spettrali che lo riconoscevano come il loro
signore.[19]
Gli orrori che Sauron fece calare sulla
Terra di Mezzo sono ricordati ne Lo
Hobbit.
Sauron
però venne definitivamente sconfitto nel corso degli ultimi due anni della
trimillenaria Terza Era. Come si racconta ne Il Signore degli Anelli, la sconfitta di Sauron occorse grazie alle
gesta eroiche della Compagnia dell’Anello,
la quale era formata da Gandalf, dall’elfo Legolas, da Aragorn e dall’altro guerriero
umano Boromir, dal nano Gimli, e dagli hobbit Frodo Baggins, Samvise Gamgee,
Peregrino Tuc (Pipino) e da Meriadoc Brandibuck (detto Merry). I suddetti
personaggi avevano liberato le forze che, alla fine, avevano causato la
distruzione dell’Unico Anello, il crollo definitivo dell’impero di Sauron e
l’incoronazione di Aragorn Alto Re dei regni riuniti di Gondor e Arnor.[20]
La visione apocalittica di Tolkien.
La
narrativa epica di Tolkien è innegabilmente una favola. Di questo fatto però
Tolkien non si preoccupava, perché era convinto che le favole ci aiutassero a
vedere “ le cose come dovremmo ( o come avremmo dovuto) vederle.”[21]
Come ci spiega un biografo di Tolkien: “La favolistica si inoltra in una realtà
oltre la mondanità dei fatti, permettendo al significato di permeare il dato di
fatto.”[22]
Quindi, le favole possono rivelare la vera e sfuggente natura delle nostre
attuali malvagie circostanze, e indicarci il trionfo finale del bene.
In
questo senso, le favole hanno in comune con la letteratura apocalittica certe
caratteristiche e funzioni; caratteristiche e funzioni che sono
significativamente anche ascrivibili a Lo
Hobbit e a Il Signore degli anelli, così come alla spiritualità di Tolkien.
In
una delle sue lettere, Tolkien scrisse persino che “...in quanto cristiano, e
di fatto cattolico,...non posso che aspettarmi che la “storia” sia nient’altro
che una “lunga sconfitta”; benché contenga (e nella leggenda possa contenere
più chiaramente e in modo più commovente) alcuni assaggi e barlumi della
vittoria finale.[23]
Considerati
questi elementi, è difficile negare l’esistenza di una corrispondenza in linea
generale fra la narrativa epica di
Tolkien e una certa visione apocalittica. Cioè che è più degno di nota però, e
l’ovvio parallelismo fra le linee della trama di Tolkien e la narrativa
simbolica dell’Apocalisse del Nuovo Testamento.
[1]Vidi
poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'Abisso e una gran
catena in mano. [2]Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo,
satana - e lo incatenò per mille anni; [3]lo gettò nell'Abisso, ve lo rinchiuse
e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino
al compimento dei mille anni. Dopo questi dovrà essere sciolto per un pò di
tempo. [4]Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il
potere di giudicare. Vidi anche le anime dei decapitati a causa della
testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la
bestia e la sua statua e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e
sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; [5]gli
altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni.
Questa è la prima risurrezione. [6]Beati e santi coloro che prendon parte alla
prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno
sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni.
Secondo combattimento escatologico
[7]Quando
i mille anni saranno compiuti, satana verrà liberato dal suo carcere [8]e
uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magòg, per
adunarli per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare.
[9]Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d'assedio
l'accampamento dei santi e la città diletta. Ma un fuoco scese dal cielo e li
divorò. [10]E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di
fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati
giorno e notte per i secoli dei secoli.[24]
La
Chiesa cattolica non ha mai incoraggiato interpretazioni letterali del suddetto
brano biblico, e del suo simbolismo. Guidata da Sant’Agostino (La città di Dio,
20.7-8)[25],
la Chiesa ha sempre interpretato quei “mille anni”, cioè il millennio, come la
durata storica della Chiesa, dalla Risurrezione di Gesù Cristo al presente.[26]
Il
riferimento del passaggio biblico alla prima risurrezione può, perciò, essere
interpretato alla luce di un brano-chiave del ventisettesimo capitolo del
Vangelo secondo Matteo. Lo scritto di San Matteo si riferisce al momento in cui
Gesù morì sulla croce:
[50] E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
[51] Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la
terra si scosse, le rocce si spezzarono,
[52] i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.
[53] E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella
città santa e apparvero a molti.[27]
Secondo il Vangelo di Giovanni, la morte e la
risurrezione di Cristo ebbero l’effetto di risuscitare “molti corpi di santi”,
che erano già morti. Questa risurrezione di “molti santi” può essere subito
correlata alla prima risurrezione
dell'Apocalisse, dato che altri potranno, più tardi, “prendervi parte” – si
presume per mezzo del battesimo – e si verifica quando Satana sarà “incatenato
per mille anni”, il che è chiaramente il risultato della vittoria di Cristo sul
peccato e sulla morte. [28]
Tale
antica interpretazione della narrazione finale dell’Apocalisse trova riscontro
nel Commento all’Apocalisse del Santo
Giovanni, scritto da Vittorino (morto nel 304), il vescovo martire di
Petovio.
Vittorino interpreta il
passaggio in questione come segue:
“Quegli
anni, nei quali Satana è incatenato, sono durante la prima venuta di Cristo, e
persino fino alla fine dell’era; e sono detti un migliaio, secondo quel modo di
esprimersi, nel quale una parte è rappresentata dal tutto, così come in quel
passaggio, “il modo che Lui ha governato per mille generazioni,” [29]
“Vi
sono due resurrezioni. Ma la prima risurrezione è ora quella delle anime che
esistono secondo la fede, la quale non permette agli uomini di passare alla seconda morte. Riguardo a codesta risurrezione
l’apostolo dice: “Se sei risorto con Cristo, cerca quelle cose che stanno
lassù.””[30]
“Ed
essi coprirono la vastità della terra, e circumnavigarono il campo dei santi, e
l’amata città: e il fuoco si riversò da
Dio fuori dai cieli, e li divorò. E il diavolo che li aveva sedotti fu gettato
nel lago di fuoco e zolfo. nel quale entrambi la bestia e il falso profeta
saranno tormentati giorno e notte nei secoli dei secoli.”] Questo pertiene al
giorno del giudizio.”[31]
Perciò,
secondo San Vittorino martire, l’imprigionamento iniziale di Satana, e il suo successivo
ritorno dopo un millennio “allo scopo di ingannare le nazioni ai quattro angoli della terra”, sarebbero
eventi apocalittici appartenenti al nostro passato; visto che noi ancora ci
attendiamo la sconfitta finale di Satana.
Questa
narrazione apocalittica combacia a grandi linee con la trama di Tolkien:
l’imprigionamento di satana può essere paragonato alla sconfitta di
Sauron, alla fine della seconda grande
era della Terra di Mezzo. La conclusione del millennio, col ritorno di Sauron
mille anni dopo, nella terza grande era. Per finire, la disfatta di satana può
essere associata alla distruzione finale di Sauron.
La moderna Apocalisse di Tolkien.
A
parte questo parallelismo degno di nota, la trama di Tolkien allarga la narrazione
finale dell’Apocalisse del Nuovo Testamento descrivendo la natura variegata, e in graduale espansione, del
ritorno al potere del già sconfitto male, in connubio con il suo avvalersi del
“nemico interno”.
Tolkien
descrive eventi che illustrano quanto fossero impercettibili i segni iniziali
della reincarnazione di Sauron, e dei suoi ripetuti tentativi di riconquistare
il potere sulla Terra di Mezzo, per mezzo dell’Unico Anello.
Essi
erano stati percepiti solo da quelli
come Gandalf, il quale era stato in grado di riconoscere il malvagio disegno
complessivo, dietro eventi e circostanze apparentemente disgiunti. Eppure,
persino Gandalf potrebbe non aver previsto il tradimento di Saruman, che era
stato una volta un suo alleato. Codeste elaborazioni della narrazione
apocalittica del Nuovo Testamento sono particolarmente utili se usate per
comprendere e afferrare le realtà spirituali che si nascondono dietro ai fatti
di cronaca mondiale.
Per
esempio, ne Lo Hobbit, Gandalf
percepiva il terrore del drago Smaug come parte di un male più grande, il quale
stava serrando la sua presa sulla Terra di Mezzo, e che aveva la sua origine
nell’Unico Anello, l’oggetto simbolico del male. Smaug era a sua volta una
vittima, contagiosa, della “malattia del drago”, la quale era in primo luogo
caratterizzata dalla possessività e dalla bramosia di accumulare beni
materiali.
Ma un
altro sintomo della sindrome del drago era l’edonismo egotistico, il quale non
tollerava nessuna imposizione né restrizione per quanto riguarda la comodità,
il confort o l’immediata gratificazione del desiderio insaziabile di piacere
sessuale.[32]
Questo sintomo era particolarmente evidente nel Gollum, e nella sua ossessione
con l’Unico Anello, in entrambi Lo Hobbit
e Il signore degli anelli.
Il
medesimo desiderio di accumulazione materiale, e lo stesso egotismo edonista
stanno da secoli consumando subdolamente, ma sempre di più, anche molte persone
del nostro mondo; ma negli ultimi quarant'anni, dalla morte di Tolkien, la velocità del contagio è
aumentata. La malattia del drago ha accelerato la sua trasmissione,
raggiungendo anche le più remote comunità umane, per mezzo del progresso
elettronico e cibernetico dei nostri strumenti di comunicazione di massa.
In
aggiunta all’infezione del drago, un altro elemento del risorgere di Sauron era
l’ammassarsi di eserciti di orchi e folletti, al servizio del Signore degli
anelli. Queste armate erano formate da creature che Tolkien caratterizzava non
come creatori di oggetti genuini, buoni o belli, ma solo di molte cosette
“ingegnose”.[33]
Un’ingegnosità
simile, o un’intelligenza scevra di vera saggezza, moralità e di un naturale
senso di bellezza potrebbero anche essere attribuite a molti dei nostri
contemporanei, i quali negli ultimi cinquant’anni sono rimasti sempre più
ammaliati da quella che il filosofo canadese Charles Taylor ha definito
“secolarizzazione esclusivista”.
Il
Cardinale di Washington Donald Wuerl ha descritto la secolarizzazione
esclusivista come un movimento di massa, in costante crescita, volto alla
conquista dell’egemonia terrena. Al pari degli eserciti di orchi e folletti,
esso limita gli orizzonti della vita al mondo materiale.
Inoltre,
esso non vede nessun ruolo per Dio nella sfera pubblica, né accetta un
ordinamento morale che sia oggettivo e immutabile. Di pari passo, i suoi
moderni campioni letterari formano una sorta di triumvirato del Neo-Ateismo: il
biologo evoluzionista britannico Richard Dawkins, lo scomparso giornalista
britannico Christopher Hitchens e il relativamente anonimo americano Sam
Harris. Di nuovo, al pari degli orchi e dei folletti di Tolkien, questi
luminari sono anch’essi molto “sofisticati”.
Tolkien 1910. Matita e inchiostro nero. |
Oltre
al movimento verso la secolarizzazione, vi sono anche omologhi di orchi e
folletti fra coloro che hanno sposato l’islamismo radicale. La rapida
espansione dell’islam fondamentalista, sotto gli stendardi di al-Qaeda e
dell’ISIS, e grazie alle opportunità offerte dalle guerre irachene e dalla
cosiddetta Primavera Araba, ha minacciato la libertà di culto e persino
l’esistenza vera e propria dei cristiani che vivono nei paesi a maggioranza
musulmana.
I
cristiani dei paesi maomettani dell’Asia centrale e meridionale oggi vivono nel
terrore di essere accusati falsamente di violazione delle vigenti leggi contro
la blasfemia, per aver messo in discussione il Corano o il Profeta Maometto; come nel caso di Asia
Bibi. La loro paura, e le loro speranze di emigrare sono
ben fondate, visto che la pena capitale viene spesso comminata dai loro stessi
concittadini.
Allo
stesso modo, i cristiani del Medioriente sentono anche loro di dover emigrare,
o di dover affrontare la persecuzione.
Al
tempo stesso i maomettani radicali continuano la loro migrazione verso l’Europa
post-cristiana; e, paradossalmente, uniscono le loro forze con i laicisti
“mondanizzatori”, al fine di formare un’empia alleanza tanto temibile sul piano
socio-politico quanto lo erano militarmente le orde di folletti e orchi.
Queste
orde di per sé non sono tanto preoccupanti, quanto la prospettiva di dovergli
dare battaglia mentre si è minati da nemici interni. La Compagnia dell’Anello
si era dovuta confrontare con una prospettiva simile, di fronte al negromante
decaduto Saruman. Saruman era un essere quasi-divino come Gandalf e, al pari di
Gandalf, egli all’inizio aveva cercato di sconfiggere lo spirito maligno di
Sauron.[34]
Ma, a causa del suo orgoglio, Saruman era rimasto ammaliato dal potere del
Signore degli Anelli e, senza accorgersene, ne era diventato schiavo.[35]
Saruman
rappresenta il nemico interno, il quale nel nostro mondo consiste in
ecclesiastici, personaggi pubblici e professori universitari che si dichiarano
cattolici, mentre allo stesso tempo dissentono pubblicamente dall’insegnamento
della Chiesa e vi si oppongono.
I
nemici, interni ed esterni, stanno spingendo la Chiesa nell’apocalittica guerra
contro il male, che Tolkien ha delineato in modo drammatico nell’epilogo de Il signore degli anelli.
Nella
sua epica, Tolkien non ha lasciato nessun dubbio sul fatto che la vittoria
finale sia nelle mani della Provvidenza, così come la sconfitta finale di
satana, nell’Apocalisse di Giovanni è stata il risultato del fuoco dal cielo.
Cionondimeno, Tolkien ha elaborato la sua narrativa apocalittica, in modo da
contemplare anche la possibilità di singoli individui che, cooperando con la
Provvidenza, contribuiscono alla vittoria.
I
singoli cristiani, come Frodo e Samvise Gamgee, raccolgono metaforicamente la
spada a doppio taglio: la spada dello Spirito Santo, che è la Parola di Dio.[36]
Essi hanno “ [Le] lodi di
Dio sulla loro bocca e la spada a due tagli nelle loro mani, per compiere la
vendetta tra i popoli e punire le genti;
per stringere in catene i loro capi, i loro nobili in ceppi di ferro;
per eseguire su di essi il giudizio già scritto:
questa è la gloria per tutti i suoi
fedeli”. [37]
E dopo la grande battaglia, Colui che
siede sul trono renderà “tutto nuovo” (Apocalisse 21:5) ; e cioè, i cristiani,
come i personaggi di Tolkien, “raccatteranno i cocci di una società in rovina,
e passo per passo si adopereranno per la ricostruzione della civiltà, così come
la Chiesa ha fatto molte volte, nel corso della storia.”[38]
[1]Joseph Pearce, Bḯlbo’s
Journey – Discovering the Hidden Meaning of The Hobbit (Saint Benedict
Press, 2012), pp. 3, 62 – 63.
[2]Joseph Pearce, Bḯlbo’s
Journey – Discovering the Hidden Meaning of The Hobbit (Saint Benedict
Press, 2012), pp. 3, 62 – 63.
[3]David Day, Tolkien –
The Illustrated Encyclopedia – A Reader’s Guide to the World of the Lord of the
Rings (New York: A Fireside Book –
Simon & Schuster, 1991), p. 10.
[4] Humphrey Carpenter (ed.), The Letters of J.R.R. Tolkien (New
York: Houghton Mifflin, 2000), p. 172.
[5]Pearce, pp. 62 – 63.
[6] Pearce, pp. 62 – 63.
[7] Pearce, pp. 67 – 71.
[8] Verlyn Flieger, Splintered Light, Logos and Language in Tolkien’s World (Kent: The Kent State University Press, 2002), xvii.
[9] Carpenter, p. 262 (“Non vi sono né
“simbolismo” né allegoria intenzionale nella mia storia...Il fatto che non vi
sia allegoria, naturalmente, non vuol dire che non sia applicabile”. pp 297-298
(“Non ho nessuna finalità didattica, né intento allegorico”.)
[10] Day,
p. 11.
[11] Day,
pp. 6 – 7.
[12] Day,
pp. 13 – 18.
[13] Day,
pp. 13 – 17, 30.
[14] Pearce,
p. 45; Day, p. 35.
[15] Day,
p. 209.
[16] Day,
pp. 209 – 210.
[17] J.R.R.
Tolkien, The Lord of the Rings, Part One
– The Fellowship of the Ring
(Il
Signore degli Anelli; Volume Primo: La Compagnia dell’Anello) (New York:
Ballantine Books, 1973), p. 81.
[18] Day,
p. 38.
[19] Day,
pp. 38 – 42.
[20] Day,
p. 42.
[21] Pearce,
p. 122.
[22] Pearce,
p. 122.
[23] Carpenter,
p. 255.
[24] Apocalisse
20:1 – 10.
[25] Scott
Hahn (ed.), Catholic Bible Dictionary
(New York: Doubleday, 2009), p. 618.
[26] Richard
P. McBrien (ed.), Encyclopedia of
Catholicism (San Francisco: Harper
Collins, 1995), p. 863.
[27] Matteo
27:50 – 53.
[28] Ludwig
Ott, Fundamentals of Catholic Dogma
(Rockford, Illinois: TAN Books and
Publishers, Inc., 1974), p. 119.
[29] A.
Cleveland Coxe, D.D. (ed.), Rev. Alexander Roberts, D.D. (ed), James Donaldson,
LL.D. (ed.), The Ante-Nicene Fathers
(Edinburgh: T&T Clark, 1885; Grand
Rapids, Michigan: Wm. B. Eerdmans,
ristampa americana della edizione di Edimburgo), Vol. VII, 2310.
[30] Coxe,
2312.
[31] Coxe,
2312.
[32]Pearce, pp. 81 – 89.
[33] Pearce,
pp. 31 – 32.
[34] Pearce,
p. 53.
[35] Day,
p. 262.
[36] Efesini
6:17; Ebrei 4:12.
[37] Salmi
149.
[38] “Cardinal
Warns Against Secularization of U.S.,” (Cardinale mette in guardia contro la
laicizzazione degli Stati Uniti d’America).
National Catholic Register (4
november, 2012), p. 3.
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